Il film di Robert Redford “La regola del silenzio”, tratto
dal romanzo di Neil Gordon “The company you keep” e presentato con successo al Festival di
Venezia fuori concorso, evidenzia ancora una volta l’interesse del noto
regista/attore per temi cari al cinema democratico americano.
La trama è centrata sulle vicende di Jim Grant (R. Redford),
stimato avvocato vedovo che abita ad
Albany (New York) con la figlia Isabel. La sua vita viene sconvolta da un
giovane reporter, Ben Shepard (S. LaBeouf), che scopre la sua vera identità di
ex pacifista radicale in lotta contro la guerra nel Vietnam negli anni
‘70, vissuto in clandestinità per 30
anni e tuttora ricercato dalla polizia per omicidio. Inseguito da FBI e da
Shepard, egli si dà alla fuga alla ricerca di Mimi Lurie (Julie Christie),
l’unica persona che è in grado di scagionarlo. Aiutato da alcuni membri del suo
ex gruppo, i Weather Undergroud, alla fine egli raggiungerà il suo obiettivo
tra imprevedibili colpi di scena, verità svelate ed interessanti riflessioni
sugli eventi storici del passato che forniscono lezioni anche al giovane
giornalista.
Cercando la verità
con accanimento e determinazione, infatti, Ben scoprirà sconvolgenti segreti ma
sarà in qualche modo profondamente coinvolto, come si evince dalle parole a lui
rivolte da Grant secondo il quale “i segreti sono una cosa pericolosa, poiché
quando scopri qualcosa su un’altra persona alla fine scopri anche qualcosa su
te stesso”.
Osservando il volto dell’anziano attore (75 anni) sullo
schermo, un volto ora molto segnato dalle rughe, vengono in mente immagini del passato quando Robert Redford,
giovane e affascinante, recitò nel film di S. Pollack “The way we were” accanto
ad una superlativa Barbra Streisand (nel ruolo di un’ attivista politica che si
batte con coraggio per i suoi ideali).
Sembra quasi che un
invisibile filo leghi i due film annodando il passato col presente in
un’attenta ed obiettiva (seppur un po’ nostalgica) riflessione sul passato
rivisitato in modo critico: se gli ideali di quegli anni erano giusti, bisogna
riconoscere che essi poi degenerarono in lotta armata e così tanti giovani
pacifisti, nolenti o volenti, si ritrovarono con le mani sporche di sangue o
comunque coinvolti dalla spirale della violenza, come Jim Grant. In un
significativo dialogo con Mimi Lurie che addebita la spirale della violenza
passata e presente interamente al sistema politico stesso che genera guerre, egli invece riflette sugli errori commessi in passato e
sceglie la via della “pace” e degli “affetti familiari” in maniera definitiva.
Un buon film che anche nel cast riesce ad unire passato e
presente, poiché accanto a giovani attori, come Shia LaBeouf, Jackie Evancho,
Anna Kendrick, Britt Marling, troviamo la vecchia guardia rappresentata da
Susan Sarandon, Julie Christie, Nick Nolte, Chris Cooper, Sam Elliott, Brendan
Gleeson, Terrence Howard, Richard Jenkins, Stanley Tucci, Stephen Root. La sceggiatura
è di Lem Dobbs, la scenografia di Laurence Bennet, la colonna sonora di Cliff
Martinez.
Giovanna D’Arbitrio