Da qualche settimana sugli schermi italiani è apparso il film del
regista norvegese Morten Tyldum “The Imitation Game” che narra la vita di Alan
Turing, brillante matematico ed esperto crittografo considerato ora come uno
dei padri della moderna informatica, mentre ai suoi tempi fu perseguitato dalla
rigida e conformista società britannica.
Nel film la storia inizia a Manchester negli anni ’50 quando Alan (Benedict
Cumberbatch) viene arrestato a causa della sua omosessualità, allora
considerata un reato: interrogato da un poliziotto che
afferma di volerlo aiutare, con sincerità gli racconta la sua vita.
Attraverso una serie di flashback lo spettatore
apprende che Alan goffo e impacciato, ma bravissimo in matematica, fin da ragazzo fu considerato “un diverso”
spesso incompreso, invidiato o deriso da compagni di scuola e insegnanti. Solo un amico gli fu vicino in quel periodo,
Christopher Morcom, al quale si legò con amore, ma purtroppo la sua prematura e inaspettata morte fu per lui
un’ulteriore dolorosa esperienza a livello psicologico. Più volte nel racconto
viene ripetuta una frase di cui Morcom si
servì per incoraggiare Alan: “Sono le persone
che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che
nessuno può immaginare”.
Per sottolineare questo legame nel film Alan dà il
nome di “Christopher” ad una macchina da
lui inventata (in realtà denominata “la bomba”) che poi mise al servizio del
suo paese durante la seconda guerra mondiale, creando un gruppo di lavoro a
Bletchley Park.
Con l’aiuto di tale macchina e di pochi esperti tra i
quali Hugh Alexander (Matthew Goode), campione di scacchi, e soprattutto di
Joan Clarke, abile in enigmistica, Alan riuscì a decrittare il codice Enigma,
ideato dai tedeschi per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta.
Continui
flashback collegano il presente al passato tenendo sempre desta l’attenzione
dello spettatore con dialoghi vivaci, qua e là animati da qualche intelligente
battuta che allevia la tensione drammatica del racconto e la sua triste conclusione.
Un film da vedere per l’ ottima interpretazione di
Benedict Cumberbatch e per il tema affrontato con chiarezza nella sceneggiatura
di Graham Moore che si basa sulla biografia di Andrew Hodges “Alan Turing: the
enigma”. Notevole anche la colonna sonora di A. Desplat.
Il film ha
riscosso molti consensi e al Festival di Toronto e si è guadagnato la
candidatura a 5 Golden Globe, come miglior film drammatico, migliore
attore, migliore attrice non protagonista, miglior sceneggiatura, miglior colonna sonora, anche se nessuno di essi gli è stato
assegnato, ma poi ha ottenuto 8 nomination agli
Oscar.
Da notare che su qualche giornale inglese sono stati
evidenziati più i difetti che i pregi
del film, accusato di inesattezze e discrepanze rispetto ai fatti reali, del
resto ammesse in un’intervista anche da G. Moore il quale ha tuttavia sottolineato l’obiettivo
principale perseguito in “the Imitation Game”: dar risalto alla personalità di
Turing e alle ingiustizie da lui subite.
Comunque un fatto è certo: Alan Turing per non finire
in prigione e per poter così continuare
studi e ricerche, nel 1952 fu costretto ad accettare la castrazione chimica che
lo condusse al suicidio. Due anni dopo morì per aver mangiato una mela al
cianuro. Qualcuno avanzò l’ipotesi di omicidio, ma poi prevalse la tesi del
suicidio.
Nel 2009 Gordon Brown fece pubblica ammenda per il
trattamento riservato allo scienziato, ma una riabilitazione ufficiale arrivò
solo nel 2013, quando la regina Elisabetta finalmente concesse ad Alan Turing “l'assoluzione
reale” su richiesta del ministro della giustizia, Chris Grayling, che evidenziò
l’importanza delle sue ricerche a Bletchley Park.
Giovanna D’Arbitrio