Mentre sullo schermo scorrevano le immagini del
film di Bertolucci, “Io e Te”, mi è venuto in mente ciò che ha scritto Jalbert
nel suo libro “I Ragazzi dello Scantinato”:-“Giù
in cantina c’è un ragazzo che tenta di vivere la sua vita in pace. Ma un giorno
dovrà unirsi al mondo di sopra e non ce la farà a sopravvivere: occhi incollati
alla TV, orecchie sigillate dalle cuffie, lasciato a se stesso, un estraneo in
casa sua-.
Il film
racconta la storia di Lorenzo, un adolescente dei nostri tempi, che si sente
estraneo al mondo in cui vive, un mondo impegnato in mille faccende, ma non più
focalizzato sui giovani, sulle loro esigenze più profonde. Né i genitori, né uno
psicologo riescono ad aiutare il ragazzo e così un bel giorno egli decide di
rifugiarsi in cantina con una scorta di cibi, bibite, libri, cd, un computer, e…un formicaio: finge di partire
per la settimana bianca con la sua
classe, per isolarsi dalla rumorosa realtà esterna alla ricerca di un
po’ di pace.
Ed ecco irrompere nel
suo solitario rifugio la sorellastra che egli non vede da lungo tempo: ella lo
coinvolge nei suoi problemi e lo scuote dall’ apatia. Anche Olivia è una
persona “diversa”, tossicodipendente e sensibile fotografa, che mal si adegua
ad una omologante società-formicaio dove gli esseri umani sono ridotti a
formiche senza identità, ma a differenza
del fratello prova almeno a reagire, cerca di disintossicarsi, spera di
costruirsi una vita diversa. Olivia nel film simbolicamente rappresenta un tema
caro a Bertolucci: l’ irruzione di un elemento esterno che costringe a
modificare una situazione, a cambiare, a rivedere.
Lorenzo ed Olivia,
fragili ed indifesi, pian piano arrivano a riscoprirsi, a conoscersi più a
fondo ed in qualche modo ad aiutarsi: commovente la scena in cui ballano
abbracciati sulle note di “Space Oddity” di David Bowie, trasformata da Mogol
“In Ragazzo Solo, Ragazza Sola”, in cui l’affetto e l’empatia tra due esseri
umani riescono a trasformare anche lo squallore di una cantina, oltrepassandone
i limitati confini che all’improvviso si aprono ad una dimensione spirituale,
lontana dalle bassezze umane.
Il film, tratto dal
romanzo di Niccolò Ammaniti (che ha anche collaborato alla sceneggiatura),
presenta qualche variante rispetto al testo, ma nel complesso non delude chi ha
amato il libro e quindi apprezza nel film anche il finale diverso che lascia la porta aperta ad
una possibile soluzione positiva per il futuro dei due giovani.
Bravissimi gli
attori, Jacopo Olmo Antinori e Tea Falco, entrambi esordienti, che hanno saputo
ben interpretare i personaggi del romanzo facendoli rivivere sullo schermo,
un’operazione che non sempre riesce in tutti i film tratti da libri.
Un plauso va anche
a Bertolucci, regista indimenticabiledi tanti film di qualità (Ultimo tango a Parigi, Novecento, l’Ultimo
Imperatore, Il Tè nel Deserto, Piccolo Budda, Io ballo da sola, The Dreamers
ecc.):
benché settantenne e costretto dalla malattia
su una sedia a rotelle, è stato capace di regalarci un altro bel film.
In un’intervista
egli ha dichiarato: -Il cinema è la mia
vita. Poter ricominciare a girare per me è la più grande terapia: come
ricominciare a vivere. Avevo nostalgia di tornare a fare quello che è il mio
più grande piacere: stare sul set -.
Giovanna D’Arbitrio